Lettura esperienziale di ascolto e di risposta

Il Papa insiste sull’utilizzo della Bibbia nella catechesi, anzi, la catechesi stessa è al servizio della parola di Dio. Ma sono da tener presenti dei criteri di attuazione e delle indicazioni operative, perché non si tratta solo di una presenza a forma di citazione, ma di esperienze concrete.

«L’incontro catechistico è un annuncio della Parola di Dio ed è centrato su di essa, ma ha sempre bisogno di un’adeguata ambientazione e di una motivazione attraente, dell’uso di simboli eloquenti, dell’inserimento in un ampio processo di crescita e dell’integrazione di tutte le dimensioni della persona in un cammino comunitario di ascolto e di risposta» (Evangelii gaudium 167).

Criteri di attuazione
Con queste parole (ed altre nella medesima esortazione: 174-175) Papa Francesco richiama in misura rinnovata come intendere il rapporto Bibbia e catechesi. E insiste fortemente sull’uso del libro sacro. Dalle sue parole, esplicitandole, ricaviamo una criteriologia globale. Ecco i riferimenti maggiori:

  • trattare la Bibbia nella catechesi significa che la catechesi è al servizio della parola di Dio, Parola che è intrinsecamente Gesù Cristo nell’animazione dello Spirito Santo; la Bibbia fa da fonte della Parola; la prospettiva è di fede, lo scopo è l’evangelizzazione;
  • in quanto catechesi non si limita al primo annuncio, essa si propone come un cammino permanente di intelligenza vitale del libro sacro secondo la fides Ecclesiae;
  • si realizza con un processo educativo continuato di crescita lungo tutta la vita del cristiano;
  • mira a produrre non soltanto conoscenze astratte della Scrittura, ma esperienze di vita, coinvolgendo la persona nelle sue varie dimensioni intellettuali, affettive, operative;
  • tiene conto del contesto, offre motivazioni attraenti, si avvale di un linguaggio adeguato di cui l’uso di simboli è precipuo;
  • la via della catechesi in quanto servizio della Parola alla sorgente biblica entra in dialogo con altre componenti della parola di Dio, segnatamente la riflessione teologica, la celebrazione liturgica e la diakonia della carità;
  • ciò avviene in un percorso personale, ma non individualistico, bensì all’interno della comunità ecclesiale.

Conclusione: «Lo studio (= l’accostamento secondo i criteri ora detti) della Sacra Scrittura deve essere una porta aperta a tutti i credenti » (EG 178). Chiaro è l’eco di Dei Verbum 22.

È una criteriologia che in sé appare complessa ed esigente, va concretizzata in modelli pratici, ma insieme fa riflettere che una buona catechesi non si ferma a una lettura superficiale del testo sacro, ma partecipa al mistero dell’incarnazione di Gesù Verbo di Dio, riconoscendo la componente umana del libro sacro strettamente unita alla natura divina, per cui come il Verbo di Dio si è fatto uomo senza peccato, così nella Bibbia si è fatto scritto senza errore. In questo modo diventa lettura esperienziale e mistagogica, partecipazione al mistero divino.

La situazione
Questo pressante richiamo alla parola di Dio nella forma biblica non vuol dire che la Parola biblica sia stata assente nella catechesi della Chiesa avanti il concilio di Trento, ma anche dopo di esso, altrimenti non ci sarebbe nemmeno la Chiesa. Nel tempo recente sono maturati tre documenti fondamentali in cui è inserito il nostro argomento: Dei Verbum del Vaticano II (1965), l’esortazione post sinodale Verbum Domini di Benedetto XVI (2010) e il Direttorio generale per la catechesi (1997). In voluta continuazione pratica di tali documenti, dopo il grande Giubileo, Papa Francesco in Misericordia et misera (2016) urge un profondo e sollecito rinnovamento biblico che investe anche la catechesi, avendo noi per primi consapevolezza di punti fragili attuali. Ne nomino tre:

  1. la Bibbia è presente nella catechesi dei catechismi italiani in misura abbondante, ma a forma di citazioni. Non vi è mai la proposta di un incontro organico e articolato della Bibbia come tale, dal catechismo dei bambini a quello dei giovani e degli adulti. Come avviene nella catechesi tedesca;
  2. si potrebbe dire che la Bibbia è sul mercato con una grande ricchezza di sussidi didattici ben fatti (ElleDiCi, Claudiana, San Paolo…), ma nel percorso catechistico non è chiaramente spiegata la sua identità esegetica (storia, letteratura, messaggio), teologica (parola di Dio ispirata e incentrata su Gesù Cristo), antropologica (incidenza esistenziale della parola di Dio, e dunque l’attivazione del processo ermeneutico). Uno specifico nodo problematico è il contatto corretto con l’Antico Testamento; un altro ancora: la spiegazione delle pagine difficili della Bibbia;
  3. va menzionata la mancata percezione della parola di Dio nella sua totalità rivelata e dunque viene meno l’interazione tra verità biblica, attualizzazione liturgica, attuazione nella vita.

A nostro incoraggiamento non vanno dimenticati oggi due dati positivi: molta gente desidera incontrare la Bibbia, la ama per una sete di autenticità della fede; di qui il fenomeno dei gruppi di ascolto incentrati sul libro sacro e più latamente le diverse vie di incontro con esso che il presente dossier fa conoscere.

Ma possono identificarsi con la comunicazione catechistica? Non può essere, o non del tutto: l’omelia così ispirata dai testi biblici non è catechesi, e nemmeno l’approccio liturgico, la lectio divina, il gruppo parrocchiale del Vangelo… Provocano certamente un incontro serio e di fede con la Scrittura, ma non nella forma della catechesi che, stando ai criteri detti sopra, richiedono continuità di contatto per tutte le fasi della vita, conoscenza organica della natura del testo sacro e insieme della sua relazione con altre dimensioni della Parola proprie della tradizione della Chiesa, processo pedagogico didattico per far capire, convertire, fare esperienza, consolare con la sempre unica e sfaccettata parola di Dio.

In ogni caso, in nome di un necessario adattamento pastorale, in questi e altri incontri con la Bibbia si terrà di realizzare lo sviluppo catechistico possibile.

Indicazioni operative
In questa situazione non è possibile che ricordare genericamente due grandi vie percorribili e da realizzare in ottica catechistica. Distinguiamo due forme di intervento.

  1. Le forme bibliche inclusive, nelle quali il dato biblico è sviluppato dentro un quadro non strettamente biblico. Questo avviene presentando l’eucaristia (e sacramenti), le grandi verità dottrinali rivelate e antropologiche. Caso classico è il Catechismo della Chiesa cattolica e in Italia i Catechismi della vita cristiana o della Cei. Oggi l’impostazione catechistica è di iniziazione secondo l’ispirazione catecumenale. Va osservato che questa forma consueta nella Chiesa ha ragione di fine perché può esprimere la globalità della fides Ecclesiae garantita dalla tradizione. Il problema – come si è detto sopra – è di liberare la Bibbia dalla mera citazione.
  2. Qui si pongono le forme dirette o immediate: sono quelle in cui si dà spazio a una iniziazione alla Bibbia come tale. Ha l’importanza di mezzo necessario al fine. Oggi è l’area più nuova, desiderata da tanti fedeli, e prescritta dal DV 22 («È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura»), in reazione anche a una lontananza eccessiva. In verità non sappiamo prevedere cosa voglia dire, a livello teologico, spirituale, culturale che ogni cristiano, il semplice, ma anche e soprattutto il dotto, possa avere la Bibbia in mano, ma sappiamo che deve poterla avere.
    Il che domanda di non trattare l’incontro del popolo di Dio con la Bibbia come una devozione popolare, fra le tante, ma come un grande e delicato investimento ecclesiale alla stregua di un sacramento su cui costruire un volto nuovo della comunità, anche più critico, ma soprattutto più illuminato e convinto.
  3. Tra le forme dirette di incontro con la Bibbia meglio orientabili alla catechesi nel senso detto sopra, l’esperienza porta alla memoria due attività:
    – la lectio divina, la cui attuazione, con sensibilità catechistica, viene rinominata scuola della Parola, lettura orante… Qui il cardinale Martini è un testimone indimenticabile. È fondamentale mantenere l’intreccio tra ascolto/spiegazione, meditazione, risonanza, preghiera. È una lettura della Bibbia che risale alle origini cristiane e che ha accompagnato la Chiesa nella sua storia. Oggi lo Spirito Santo, tramite il magistero (si pensi a Benedetto XVI), propone la lectio come elemento pastoralmente significativo e da valorizzare, per l’educazione e la formazione spirituale dei presbiteri, per la vita quotidiana delle persone consacrate, per le comunità parrocchiali, per le famiglie, per associazioni e movimenti, per i semplici credenti, adulti e giovani, che possono trovare in questa forma di lettura un mezzo accessibile e praticabile per accedere personalmente e comunitariamente alla parola di Dio. Qui lo sviluppo biblico- catechistico troverebbe il terreno migliore (vedi Verbum Domini);
    – altra somma di forme sono i gruppi di ascolto (o biblico, o del Vangelo, o liturgico), operanti sovente nelle case: sono la forma più diffusa in Italia, anche per la novità e per quel tanto di autonomia che permettono e rispecchiano la dinamica della lectio divina; hanno bisogno di un buon animatore. Si contano corsi biblici a livelli diversi (specie per gente di una certa base culturale); la giornata (domenica) della Bibbia (molto utile per lanciare il gruppo di ascolto); iniziative bibliche in Avvento e in Quaresima; il “libro biblico” annuale suggerito dal vescovo; ritiro spirituale (esercizi, “deserto”…) con la Bibbia; la Bibbia in famiglia; incontro biblico- ecumenico; scuola per animatori biblici; pellegrinaggio in Terra Santa; incontri culturali biblicamente ispirati (conferenze, musica, letteratura, pittura, teatro, film…: storia degli effetti post biblici).

Cesare Bissoli
Università salesiana, Roma