ACCOGLIERE – Ospitare la parola

Negli ultimi anni, la storia biblica è stata messa alla prova da alcune discipline come l’archeologia, la storia, la geografia e le stesse scienze che seguono un loro statuto epistemologico.

I 73 libri biblici non devono essere letti come se fossero la cronaca storica del mondo antico. Non hanno nemmeno la forma degli antichi Annales nei quali, anno dopo anno, si raccontavano tutte le imprese (es: I romani raccoglievano i racconti delle loro gesta, dalla fondazione di Roma fino ad oggi).

Davanti ad alcuni dati insufficienti si conclude, in modo sommario, che la Bibbia non dice il vero. E, in reazione, si afferma che tutto quello che c’è scritto nei testi sacri è avvenuto esattamente proprio così come viene raccontato. Da una parte e dall’altra, quando si cavalca l’estremismo, si rischia di sottolineare il limite rispetto al pregio. Per usare la Bibbia, nella catechesi, nel dialogo, nell’insegnamento scolastico, vale la pena leggerla. Tutta intera.
Meglio ancora: lasciare che il testo ci legga dentro. Non esiste miglior metodo per conoscere la Bibbia se non quello di ascoltarla. Siamo anche in un momento culturale nel quale non mancano mezzi e tecnologie di ogni genere per ascoltare la Parola. È il metodo che Dio stesso, nell’Antico Testamento, ha insegnato al suo popolo. L’imperativo che risuona con forza, in molte pagine bibliche, è semplicemente questo: «Ascolta, Israele» (cfr. Dt 6). Ascoltare, voce del verbo “ospitare”, perché l’ascolto, secondo la tradizione, entra nell’orecchio, mezzo per aprirsi alla Parola udita. Poi scende nel cuore, luogo delle decisioni.

Quella Parola, proprio perché “di Dio”, ti chiede di prenderti un impegno. Non ha l’intento di dipingere l’universo e le sue leggi, non ha lo scopo di rivelare il segreto della scienza. No, parla al cuore dell’uomo e gli chiede di ascoltare. Per vivere.